Corri Antonio......corri

Progetto Finanziato dall'Unione Europea

Dopo la seconda battaglia, i tedeschi attendevano un nuovo attacco, il quarto. Erano veramente stanchi, avviliti, allo stremo delle forze.... I cambi ed i rinforzi promessi non erano stati inviati, i rifornimenti di armi esigui e le razioni alimentari poche e sempre di pessima qualità... arrivava solo il pane nero. Nulla più si trovava da razziare nei casolari vicini, abbandonati dai contadini.

 Anche noi del gruppo di lavoro eravamo giunti al capolinea. Non venivamo più utilizzati per i lavori, ma soltanto trattenuti in attesa di nuove disposizioni, che non si fecero attendere per molto. Arrivò infatti la notizia di  un nostro trasferimento verso Roma ed una volta messi sulle tradotte, dovevamo da lì proseguire per il Nord Italia verso il Nord Europa, con destinazione Canale della Manica.

Un sergente maggiore austriaco, chiamato Federico, rivolgendosi in francese, mi disse che l’ordine era tassativo: tutti trasferiti nel Nord Europa e sottovoce, continuò: “Antonio, dalla Manica non tornerete più in Italia”.

Commosso, mi promise che avrebbe fatto tutto il possibile per lasciarci fuggire, ma bisognava attendere il momento propizio, di notte e durante un suo turno di guardia. Disse di rimanere

tranquilli ma pronti nello stesso tempo; ci consigliò di avvisare i nostri congiunti, perché sarebbero state costretti a fuggire con noi, per non divenire oggetto di dure rappresaglie... Le nostre famiglie benché fossero in difficolta, con molti bambini e molte persone anziane al seguito, decisero di attenderci. Il momento opportuno per la fuga arrivò. Un giorno, mentre la maggior parte dei soldati  si era recata a dare il cambio in prima linea, Federico ci comunicò l’ora della fuga: durante il suo turno di guardia, dalle tre alle otto del mattino.

Riuscimmo ad avvisare le famiglie, che erano già tutte pronte. Era il 29 Aprile 1944.

Federico alle tre e trenta del mattino ci liberò, avvertendoci che avevamo tre ore di tempo per allontanarci il più possibile, dopo avrebbe dato l’allarme. Mi prese da parte, vicino al cancello di uscita del casolare e volle donarmi uno zaino pieno della biancheria trovata nelle botti, quella stessa biancheria che gli altri tedeschi avevano spedito in Germania. Mi abbracciò forte e mi disse: “Antonio, corri e non farti riprendere...per te la fuga e l’unica possibilità di restare ancora vivo. Se ti prendono...ti fucileranno”. Con le lacrime agli occhi scappai via, raggiunsi i miei familiari e prendemmo la strada per Piumarola in direzione nord.

Ho avuto, dopo la guerra, la possibilità d’incontrare sia a Cassino che all’Estero molti ufficiali tedeschi ed alleati conosciuti a quei tempi, ma il sergente Federico, che ci fece fuggire, non l’ho più rivisto. Io lo ricordo sempre con gratitudine e riconoscenza, sperando che sia uscito incolume dal Calvario di Cassino.

Antonio Grazio Ferraro