Il bombardamento del 15 Marzo 1944 marchiò in modo pervasivo l’intera popolazione civile cassinate, annientando l’abitato e i luoghi dell’identità urbana. In tale episodio, che nella memoria collettiva è stato sempre differente dal primo bombardamento del febbraio 1944 quando il monastero Benedettino venne distrutto, praticamente tutta la popolazione cittadina, dopo lo sfollamento, si trovò costretta nei luoghi dei rifugi subendo il razionamento alimentare, la penuria di risorse e la fame oramai accentuati da un territorio reso improduttivo dai bombardamenti e da una città scomparsa con le sue risorse alimentari. Non vi era prodotto, infrastruttura o deposito alimentare che potesse dare almeno la speranza del cibo. Con il bombardamento del marzo 1944 la guerra per i cassinati divenne smarrimento fisico e psicologico, cambiarono paesaggio e volti, scomparvero con le case anche le strade, i riferimenti sentimentali. Cassino smarrì l’orizzonte culturalizzato.
Va dunque ricordato come “nell’ambito della storiografia sulla Seconda guerra mondiale, nell’arco degli ultimi decenni è emersa una crescente attenzione per il “vivere nella guerra” del così detto “fronte interno”, cioè per la quotidianità delle popolazioni civili comunque profondamente coinvolte dalla prima, vera “guerra totale”(L.Piccioni, UniRoma).
E sarà esattamente questo fronte interno che caratterizzò l’intero cassinate dal marzo al maggio 1944, quando la guerra totale segnò la popolazione civile. Sono queste le date che fissarono gli eventi catapultando il cassinate nella sfida più dura della guerra stessa. Il Dopoguerra.
A prendere forma, così, con sempre maggiore chiarezza, fu una nuova geografia sociale e spaziale del territorio non più urbano ma ridotto a campo profughi e contenitore di muri di colpo antichi che nessuno, nella ricostruzione, volle tramutare in archeologia.
Ma fermiamoci, in particolare, sulla quotidiana “esperienza del dopo guerra” dei cassinati. La lettura di una foto dell’ Archivio RCS ci consente di caratterizzare la ricaduta sociale e psicologica della popolazione civile di Cassino che, nei mesi che vanno dal bombardamento della città al periodo immediatamente successivo la Liberazione avvenuta nel maggio1944, riprese le attività primarie di commercio soprattutto alimentare.
La foto presenta una scarna didascalia: “Un banchetto improvvisato lungo la strada che porta a Cassino, nella primavera del 1945”.
Due bambine, mal vestite con indumenti militari e anfibi ai piedi. Vendono focaccia bianca, vino e castagne. Tre uomini i clienti. Mani nella stadera, uno arraffa castagne. Ha il cappotto rovinato, i capelli lunghi pettinati all’indietro. Forse è l’autista del camion militare convertito a trasporti civili. L’altro, con giacca e berretto, non smette di pensare. Fissa la piccola latta forata che funge da fornacella per la padella forata. Un contadino, con bastone e postura da pastore, forse, ha un fagotto di coperte e ramaglie. Non guarda verso il banchetto. Traguarda la parte opposta e neanche si accorge del fotografo. È l’assenza del sorriso a prevalere, è la diffidenza per le presenze estranee che violano quasi il pensiero, l’ansia per il decadimento avvenuto, l’umiliazione per le privazioni quotidiane, lo smarrimento. Conseguenze della guerra che saranno poi spesso ascritte nei ricordi. L’effetto collaterale del bombardamento che difatti fu la nascita della Cassino delle borgate e dei quartieri popolari che, più propenso alla precarietà, conobbe nell’immediato, “come in tutti i territori liberati, fenomeni legati anche al mercato della borsa nera e a traffici su più livelli ma, nel suo insieme, si incamminò verso un lungo dopoguerra fatto di violenza, disoccupazione, questioni sociali e abitative irrisolte (L.Piccioni, UniRoma)”.
La foto esprime come il consueto paesaggio urbano, distrutto il 15 marzo 1944, trasferì altrove la propria vocazione. Il dramma del bombardamento adulterò il genius loci cassinate e partorì un paesaggio come prodotto sociale e culturale differente, senza legami credibili col passato in un territorio privo di comunità, spazio del vissuto, momenti di relazioni. Venne meno quella sfera spaziale che è ciò che esprime l’identità del gruppo e ciò che il gruppo difende contro le minacce interne ed esterne. Nel continuo tentativo di comprendere la natura cassinate post bellica, scorgere almeno quelle potenzialità di realizzazione delle stesse aspettative collettive, va sempre ricordato come lo sradicamento generato dal bombardamento abbia comportato un malessere, un “male del ritorno”, un’assenza di luogo che De Martino (De Martino 1952: 60) indica come “angoscia territoriale”. Il male del ritorno che colpisce gli individui costretti a lasciare il proprio luogo di nascita, il villaggio, il proprio spazio del vissuto, facendo così «l’esperienza di una presenza che non si mantiene davanti al mondo, davanti alla storia…».
Dante Sacco, Progetto Summa Ocre